
La storia di Lena: quando la Natura guarisce
La goccia nell’oceano
Gli incontri che facciamo nella nostra vita non sono mai casuali. Quando Lena Deckert, ideatrice di “Erbe nel piatto”, ci ha parlato dei presupposti da cui è nato il suo progetto, è emersa una vicenda su cui non abbiamo potuto far a meno di soffermarci.
Il motivo per cui abbiamo deciso di dedicare uno spazio nel nostro portale alle storie di vita riguarda il loro potere trasformativo.
Quando ci serviamo di aneddoti o racconti dal valore simbolico per trasmettere un messaggio a qualcuno, questo elude le barriere della mente razionale e arriva direttamente all’inconscio, innescando un processo di cambiamento.
In questo articolo vi parleremo di una vicenda della vita di Lena che crediamo possa far comprendere chiaramente il grande potere di guarigione della natura.
Buona lettura!
Indice
- Godere della Natura: la giovinezza di Lena Deckert
- Gli anni dell’università
- Il punto di svolta
- Il trasferimento in campagna e il riavvicinamento a Madre Natura
- Un messaggio alla collettività
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Godere della Natura: la giovinezza di Lena Deckert
Nata e cresciuta in un piccolo paesino della Germania, Lena sin da piccola amava stare all’aperto, andare a cavallo, fare il bagno al fiume, scorrazzare a piedi scalzi.
Adorava il contatto con gli animali: si trovava spesso a mungere le mucche e a bere il loro latte, giocava con i suoi fedeli amici cani.
Insomma, Lena e la Natura da quel momento sono diventate inseparabili.
Gli anni dell’università
Lena si iscrive all’università di Agraria in Germania, frequentando il corso di Agricoltura Biologica. Dopo alcuni anni le capita l’occasione di fare un erasmus in Italia e così si trasferisce a Perugia, dove termina gli studi laureandosi in “Economia e cultura dell’alimentazione”.
A Perugia inizia a lavorare in un ristorante che rispecchia a pieno le sue passioni e i suoi valori perché molto attento alla scelta delle materie prime e alla cucina naturale.
Dopo qualche tempo le chiedono di spostarsi ad Ancona, sempre in un ristorante facente parte della stessa rete di Perugia ma molto più grande, e lei accetta.
Il punto di svolta

Quando si trasferisce ad Ancona, canalizza la maggior parte delle sue energie e del suo entusiasmo per il ristorante.
Pur lavorando dalla mattina alla sera con poche ore di riposo, nel tempo libero si ritaglia dei momenti in cui si dedica al riconoscimento delle erbe spontanee e all’osservazione dei loro mutamenti nelle diverse stagioni, a camminare in natura e a stare semplicemente seduta sotto agli alberi.
Questi spazi le servono per rigenerarsi, per staccare dalla frenesia del lavoro e della vita urbana, riconnettendosi alla natura che tanto ama.
Il continuo sforzo richiesto a lavoro, i ritmi della città e del mondo della ristorazione, la risucchiano in un vortice di stress e pressione emotiva che dopo poco tempo le ha fatto mettere in secondo piano anche queste passioni. Ormai viveva in funzione del lavoro.
Ad un certo punto però, il corpo ha manifestato i primi sintomi della strada che aveva intrapreso. Inizialmente ha avvertito un forte dolore alla schiena che si è poi protratto fino ad arrivare all’osso sacro. Non riusciva più né a lavorare in cucina né a servire nel negozio annesso al ristorante. Era completamente bloccata.
Ha deciso così di prendersi un periodo di riposo che però è risultato vano perché, abitando sopra il ristorante, continuava ad essere coinvolta in tutte le vicende che rappresentavano le cause scatenanti del problema: sentiva il telefono squillare, incontrava i clienti, assorbiva i discorsi riguardanti il lavoro svolto dai colleghi che abitavano con lei.
I sensi di colpa per non riuscire ad essere d’aiuto ai suoi compagni di lavoro la assalivano e la situazione sembrava non migliorare.
È andata dal medico di base, dal medico sportivo, dall’osteopata. Ha provato la pranoterapia, i massaggi Shiatsu ma niente sembrava esserle d’aiuto. Ha fatto la tac per verificare quale fosse il problema e neanche questo esame segnalava niente di particolare.
A quel punto ha capito che questo malessere era la risultante di un allontanamento dalla natura sempre più marcato. Il rumore della città, lo smog, i colori monocromatici, lo stress.
Stava tradendo la sua natura più intima, e questa l’ha richiamata a sé manifestandosi attraverso il corpo.
Il trasferimento in campagna e il riavvicinamento a Madre Natura
Quando sembrava non esserci soluzione, Lena ha visto in Ivano, la persona che portava frutta e verdura biologica al ristorante dove lavorava, un barlume di luce per uscire da questo tunnel che sembrava non finire mai.

Ha chiesto al contadino di poter lavorare nei suoi campi in cambio di vitto e alloggio e in breve tempo si è trasferita nella sua casa di campagna.
Da Ivano lavorava mezza giornata con la terra, svolgendo le mansioni più comuni come zappare, piantare, seminare, togliere erbe infestanti. L’altra mezza giornata cucinava, preparava il pranzo, puliva casa o dava da mangiare agli animali. Queste attività sono state una sorta di ritorno all’infanzia.
Nonostante lo sforzo fisico si facesse sentire, in poco tempo Lena è completamente rinata. I colori della natura, il silenzio, il vento, la pioggia, il fango, l’odore delle stagioni, svegliarsi con l’alba, i rapporti con le persone e i ritmi quotidiani più lenti hanno contribuito a far sì che il dolore se ne andasse definitivamente.
Lena aveva capito che tutto ciò che le era accaduto era strettamente collegato al distacco con la natura. Per lei lavorare tutto il giorno in quattro mura era come stare in gabbia. Aveva bisogno di farsi baciare dal sole e accarezzare dal vento, di vivere in armonia con le altre persone e con sé stessa. Aveva bisogno di mantenere il contatto con gli elementi della natura per prendersi cura del proprio benessere. La città l’aveva fatta ammalare
La malattia viene quando la gente si allontana dalla natura. La gravità della malattia è direttamente proporzionale al grado di separazione. Se una persona malata ritorna a un ambiente sano spesso la malattia scompare
Masanobu Fukuoka
Un messaggio alla collettività
Durante la nostra chiacchierata abbiamo chiesto a Lena se ci fosse un messaggio che volesse comunicare alle altre persone.

Lei ha vissuto sulla sua pelle cosa vuol dire perdere il contatto con la natura. Quello che si sente di dire a chi si trova in una situazione simile è di non permettere che la propria vita diventi schiava dei ritmi che vengono imposti dalla società. La cura e il benessere personali vengono prima di tutto perché la propria salute si riflette in quella della collettività.
Se per vari motivi non si riesce a fare un cambiamento drastico come quello che ha fatto lei, ci si può ugualmente ritagliare dei momenti quotidiani di cura personale per ascoltare il canto degli uccelli, osservare un panorama, camminare a piedi scalzi.
Stare in natura è rigenerativo non solo in primavera o in estate ma anche quando le condizioni climatiche sono avverse. Raccogliere le erbe spontanee, come abbiamo scritto in questo articolo, è un’attività che può essere molto utile all’integrità psicofisica di chi abita nei centri urbani.
Il contatto con tutti gli elementi della natura fa guarire le persone. Siamo fatti della stessa materia. Abbiamo bisogno della natura e non del cemento. La casa dove vive oggi Lena appaga questi bisogni, donando orizzonti meravigliosi e profumo di natura ogni giorno.
Oggi Lena è una mamma di due splendide figlie, vive con suo marito nelle campagne marchigiane e porta avanti le due più grandi passioni della sua vita: la cucina e le erbe spontanee (per saperne di più clicca qui).